giovedì 15 novembre 2012

Io e i pirati della strada


Vorrei che questo post avesse la massima diffusione. Perciò, cari amici, vi prego, dopo averlo letto, condividetelo, perché voglio che il maggior numero di persone possibili rifletta su ciò che ho da dire.

Ieri ero in macchina con i miei figli e mio padre, sul raccordo anulare di Roma. Tornavamo da una visita medica del mio Grande, tornavamo a casa dove ci aspettava il papà. Ero sulla corsia più a sinistra, ma c’era molto traffico, per cui si procedeva tutti alla stessa andatura. All’improvviso una macchina mi si attacca alle costole, suonando il clacson a più non posso e lampeggiando a più riprese per farmi spostare. Io non mi sono spostata subito perché non avevo modo di passare all’altra corsia e poi comunque ho pensato “Che motivo ha questo di sorpassarmi? Per stare avanti a me di 10 metri? C’è talmente tanto traffico che se anche lo facessi passare, non farebbe poi molta strada”. Alla fine la macchina pazza ha trovato un pertugio e si è infilata sfrecciando davanti a me. Appena mi è stata davanti, ha inchiodato di colpo, con la speranza folle di provocare un incidente. Ho frenato di botto, l’ABS è partito e ha evitato lo schianto. Ma la cosa mi ha scosso particolarmente.

Cosa c’è nella testa di certa gente? Tra l’altro questa persona aveva anche una macchina abbastanza nuova a giudicare dalla targa. Se io non fossi riuscita a frenare in tempo, ci saremmo scontrati. La mia bambina, che era sul sedile davanti, forse avrebbe riportato delle lesioni, se non peggio. E anche il Grande e mio padre sarebbero rimasti coinvolti. E per cosa? Per correre follemente verso chissà dove?


Sono ormai quattro mesi che i miei adorati fratelli Emanuela e Giovanni mi hanno lasciato e hanno lasciato nello sconforto e nella disperazione quanti, come me, li hanno adorati. Non solo amati, ma A-DO-RA-TI. Perché erano degli esseri speciali, che forse, in quanto tali, avevano fretta di tornare nel loro habitat naturale, il Paradiso. O forse le cose sarebbero dovute andare diversamente. Loro avrebbero dovuto essere qui, in trepidante attesa della nascita del loro primo figlio, il mio primo e unico nipotino. Ma un folle che correva a 140 km/h ha deciso diversamente per loro. Non per se stesso, perché lui vive ancora. Ma la sua imprudenza ha tolto la vita a tre esseri innocenti.

Perché scrivo tutto questo? E soprattutto, perché voglio che tutto questo abbia la massima diffusione? Perché voglio che riflettiate bene quando vi mettete al volante. Tanti di voi, magari perché proprietari di macchine potenti, magari perché giovani incoscienti dei pericoli della strada, pensano che con l’auto tutto sia concesso. Che non succederà niente, che si può andare a qualsiasi velocità e compiere qualsiasi manovra spericolata perché “tanto a me non succede”. Ecco, voglio disilludervi di questo: può succedere tutto, in qualsiasi momento, a chiunque, quindi anche a voi, che ora state leggendo. Non ve la sto tirando, eh! Voglio solo che al volante siate prudenti. Che non facciate i gradassi. Tanto qualche minuto di ritardo non farà crollare il mondo. Ma una vita persa sì, fa crollare il mondo di chi ha amato la persona che non c’è più.

Grazie.

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